Un mondo a testa in giù. Questione ambientale e lotte sociali.

Capita ogni tanto di sentirsi a disagio in un ambiente che non è il proprio, dove si percepisce una realtà con cui si ha poco o niente a che fare. Può essere il caso a condurci lì, un’errata valutazione per scarsa conoscenza o la curiosità che ci spinge oltre gli orizzonti abituali. Sta di fatto che quando quella sensazione diventa troppo forte si sente il bisogno impellente di “cambiare aria”. Se questa situazione si ripresenta con frequenza crescente e in più ambiti, allora potrebbe esserci un problema. A quel punto inevitabile porsi la domanda: “Ma questo sentire dipende da una condizione personale o mi trovo, mio malgrado, in un mondo di m…?” Il più delle volte la domanda non è ispirata da considerazioni sui massimi sistemi ma da episodi “minori” che, concatenati l’uno con l’altro, alimentano, però, l’impellente desiderio di “ribaltare la tavola”. Se la reazione emotiva può servire a sfogare un po’ di rabbia è solo con riflessione ponderata che si riesce ad interpretare con maggior consapevolezza la realtà.

Certo, ultimamente, gli stimoli non sono mancati.  Qualche esempio?

Che dire di quegli ambientalisti esposti alla gogna mediatica e, forse fra poco, anche penale, per aver imbrattato (con vernice lavabile) un quadro, il muro di un palazzo o per aver effettuato un blocco stradale? In particolare, mi riferisco ai membri di Ultima generazione che con i loro blitz cercano di riportare l’attenzione sulle problematiche legate ai cambiamenti climatici.

Un tentativo non semplice in un’Europa immersa nella guerra ma, di là dalla condivisione o meno dei loro ideali o delle loro strategie, bisogna riconoscerne la dignità.  Ho consultato il loro sito web, dove dichiarano di aver intrapreso una campagna di azioni di disobbedienza civile non violenta come quelle citate prima. Nelle pagine del sito si leggono frasi del papa, del segretario generale dell’ONU, piuttosto che di un consulente scientifico del governo inglese e, come in passato hanno incontrato il ministro Cingolani, ora si rivolgono al governo italiano chiedendo di:

-interrompere immediatamente la riapertura delle centrali a carbone dismesse e di cancellare il progetto di nuove trivellazioni per la ricerca ed estrazione di gas naturale;

– procedere immediatamente a un incremento di energia solare ed eolica di almeno 20GW e creare migliaia di nuovi posti di lavoro nell’energia rinnovabile, aiutando gli operai dell’industria fossile a trovare impiego in mansioni più sostenibili.

Non serve un’analisi approfondita per capire che non si tratta di minacciosi estremisti anche se, oltre ai richiami al governo perché rispetti gli impegni presi, nei loro testi si legge anche: “Noi non accetteremo di scendere docilmente all’inferno per il quale si sta lastricando la strada. Non accetteremo di scivolare nell’eclissi della democrazia…è possibile avviare la transizione verso nuove forme di governance che riportino il potere decisionale in mano alla gente comune, come le Assemblee dei Cittadini”.

Né si può negare che le loro iniziative siano degli esempi di azione diretta con qualche sfumatura situazionista.

Nonostante quanto ho evidenziato sopra, il ministro dell’Interno, Piantedosi, in una recente intervista, ha commentato: «Abbiamo un tavolo aperto con il ministro Nordio per una riflessione sulla necessità d’interventi normativi che, sia con strumenti penali che di sicurezza, possano tenere conto di queste situazioni che ultimamente si sono affacciate nella nostra realtà. Sarà quello il luogo dove faremo le giuste considerazioni». In rapida sequenza sono arrivate anche le dichiarazioni del ministro “dalla ruspa facile” che indirizzandosi agli «pseudo attivisti dell’ambientalismo che hanno vandalizzato l’ennesima opera d’arte a MilanoÅ, dice: «Avete rotto le scatole, cosa c’entra la difesa dell’ambiente con il fermare il traffico in tangenziale e con l’imbrattamento delle opere d’arte? Primo paghi di tasca tua i danni, e poi stai qualche giorno al fresco a pensare a quello che hai fatto».

Tra l’altro una delle interpretazioni dell’opera dell’artista Maurizio Cattelan, a cui faceva riferimento, riconosce nella scultura una provocazione e monito contro lo strapotere finanziario, sostenendo che l’opera rappresenti una mano atteggiata al saluto romano, “mutilata” di tutte le sue dita, fuorché il medio. La stessa, posta in Piazza degli Affari, di fronte al palazzo della Borsa a Milano, assume un significato esplicito indipendentemente dal fatto che sia colorata o meno.

Fino a che le proteste si esprimono attraverso i cortei dei “Friday for future” o con la partecipazione ai convegni del potere, vedi l’esempio di Greta Thunberg, sono ben tollerate, anche se i giovani ambientalisti sono relegati in ruoli quasi folcloristici e per lo più funzionali a mostrare la magnanimità di chi “regola i destini del mondo” che, per un attimo, concede il proprio palcoscenico. Invece, quando disillusi dalle promesse non mantenute, da decenni di accordi disattesi, osano contestare fuori dai confini della “buona educazione”, così come definita dai benpensanti, allora diventano dei pericolosi devastatori e l’iniziale compiacenza si trasforma in volontà repressiva.  Una strana logica questa, visto che la stessa risolutezza e indignazione non sono mai state applicate a chi ha deliberatamente inquinato creando danni veri, che hanno compromesso l’ambiente e la salute di migliaia di persone per anni, scaricando, poi, i costi sull’intera collettività. Basti pensare ai 42 SIN (Siti di Interesse Nazionale) alcuni dei quali sono in attesa di bonifica da decenni. Stiamo parlando di una superficie complessiva a terra di circa 170.000 ettari che rappresenta lo 0,57% della superficie del territorio italiano cui bisogna sommare l’estensione delle aree a mare calcolata in circa 77.000 ettari.

Val la pena di ricordare il petrolchimico di Porto Marghera, l’Acna di Cengio, i fanghi rossi della Montedison, l’Ilva di Taranto e l’elenco continua con tutti gli altri siti che testimoniano come, in nome del profitto, siano stati altri a sfruttare e devastare l’ambiente in modo consapevole e cinico. Altri hanno minato la salute e provocato la morte di centinaia lavoratori o di semplici cittadini che come unica colpa avevano quella di vivere nel luogo “sbagliato”. Altro che imbrattamento di monumenti!

Quante volte avete visto sul banco degli imputati i responsabili delle peggiori nefandezze ambientali? Quante volte sono stati condannati a pagare per i danni che hanno provocato? Sarà che questi casi non sono adatti a “disciplinare” l’opinione pubblica a favore di quella visione che definisco del “mondo alla rovescia”.

Estendendo lo sguardo oltre i confini nazionali, il panorama non cambia molto.

I governi europei impegnati nel “bla bla bla” della cosiddetta transizione ecologica (una forma di green washing istituzionale) di fronte “all’intoppo” nell’approvvigionamento energetico causato dal cattivo di turno, sono pronti alla virata. In Germania si modificano le scadenze previste per la dismissione delle miniere di carbone e dal 2030 si arriva al 2038. Del resto in Polonia l’utilizzo del carbone non è mai stato messo in discussione, neanche durante la COP 24 del 2018 a Katowice. Il recente sgombero del villaggio di Lützerath da tempo occupato dagli ambientalisti nel tentativo di bloccare l’ampliamento della miniera di lignite di Garzweiler scopre le carte in tavola. La transizione funziona finché non si mettono in forse gli interessi del sistema economico.  Se a guidare non saranno i padroni dei combustibili fossili ma quelli delle energie alternative poco male, ma di fronte a qualsiasi decremento si ritorna velocemente sulle proprie decisioni: perché il profitto non s’intacca! A questo punto si capisce perché la protesta di chi vorrebbe muoversi in direzione diversa non è ammessa… eppure chi “imbratta” veramente usa il carbone non la vernice.

Se ho nominato il “cattivo di turno”, che per l’occasione è impersonato da Putin, non è certo per sminuirne le responsabilità anzi, di quanto sia liberticida il suo regime, sulle pagine di Umanità Nova, si leggeva quando altri lo citavano come un esempio da seguire, o quando c’era chi stipulava lucrosi contratti con le aziende energetiche russe, Lukoil e Gazprom in prima fila.  Non si scopre ora quanto sia “fluida” l’etica governativa che si adatta alle convenienze del momento ma pare incredibile che di fronte alle guerre degli stati che, da sempre, generano distruzione, miseria e lutto chi, coerentemente, sostiene i propri principi rifiutando la cieca gerarchia degli eserciti, chiedendo la riconversione delle fabbriche di morte, disertando i massacri organizzati venga “arruolato” nelle schiere dei traditori della libertà.

Seguendo quel filo che collega una delle cause dei fenomeni migratori ai cambiamenti climatici, ci troviamo di fronte ad un altro caso di “mondo alla rovescia”. Mi riferisco alla meschina strategia adottata dall’attuale governo nei confronti del soccorso in mare. Secondo il nuovo decreto legge, firmato dal Presidente della Repubblica e pubblicato sulla G.U. il 2 gennaio 2023, si richiede alle navi di soccorso civili di dirigersi immediatamente in Italia dopo ogni salvataggio. Questa norma provoca ritardi nei soccorsi o li impedisce del tutto, considerato che le navi delle ONG di solito effettuano più salvataggi nel corso di più giorni in relazione alla loro capacità di accoglienza.  Questo elemento del decreto è aggravato dalla decisione di assegnare, per lo sbarco, “porti lontani” che distano fino a quattro giorni di navigazione dall’ultima posizione della nave. In questo modo si possono tenere le navi fuori dall’area di soccorso per periodi prolungati riducendo la loro capacità di assistere le persone in pericolo e si aumentano i costi di gestione. Non sto lamentando il maggior consumo di carburante che, in termini di spesa può essere facilmente coperto da un incremento delle sottoscrizioni a sostegno dell’attività delle ONG, ma voglio sottolineare la disumanità di chi, in nome della propaganda, è disposto a sacrificare vite umane. Come reagiremmo se, dopo un intervento di soccorso, un’ambulanza venisse indirizzata verso l’ospedale più lontano per tenerla il più possibile impegnata e quindi inutilizzabile per altri interventi?

Anche se si perdesse una sola vita, e purtroppo saranno molte di più le vittime dei naufragi nel mar Mediterraneo, si tratterebbe di un crimine premeditato!

Si può continuare a “guardare” il mondo a testa in giù?

MarTa

https://ultima-generazione.com/

https://www.emergency.it/blog/pace-e-diritti/il-nuovo-decreto-ostacola-il-soccorso-in-mare-e-causera-piu-morti/

https://it.euronews.com/2021/10/22/germania-la-protesta-contro-l-espansione-della-miniera-di-carbone-di-garzweiler

https://www.isprambiente.gov.it/it/attivita/suolo-e-territorio/siti-contaminati/siti-di-interesse-nazionale-sin

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